La motivazione intrinseca | Roberta Martini

La motivazione intrinseca

Pubblicato il 25 Febbraio 2022 in Syntropia

La motivazione intrinseca, in organizzazioni senza paura

Voglio accompagnarvi ad esplorare le nuove evidenze scientifiche, sulla motivazione, il comportamento umano, l’idea personale, semplice e concreta, per creare organizzazioni più produttive, ovvero “luoghi” dove le persone vorrebbero poter lavorare.

Da recenti evidenze scientifiche emergono due concetti fondamentali per le organizzazioni complesse:

  • il potere della sicurezza psicologica
  • il tramonto di un uso esclusivo della motivazione estrinseca

Amy C. Edmondson, indica le caratteristiche distintive di contesti organizzativi che creano sicurezza psicologica e ancora di più, evidenzia le potenzialità di questi sistemi organizzativi viventi in termini di innovazione, apprendimento, ingaggio, e crescita come leader.

La ricerca neuroscientifica ha dimostrato che la paura brucia risorse fisiologiche, sottraendole alle parti del cervello dedicate al pensiero analitico, alla creatività e alla capacità di risolvere problemi.

Amy Edmonson ci accompagna a cogliere che:

  • La sicurezza psicologica ha a che fare con la fearless, cioè l’assenza di paura di assumersi dei rischi relazionali.
  • E’ una dinamica concreta, specifica, che si sviluppa tra diversi soggetti
  • E’ un’esperienza immediata, tangibile, vissuta in uno spazio preciso, in un tempo definito
  • Attecchisce e cresce nelle piccole dimensioni
  • E’ una atmosfera in cui le persone si sentono a proprio agio nell’esprimersi e nell’essere se stesse
  • Viene minata dalla gerarchia quando non viene gestita correttamente.

Dopo averla definita, delinea i vantaggi nelle organizzazioni senza paura:

  • Si sperimenta l’errore
  • Si segnalano problemi o questioni difficili
  • La diversità è inclusa
  • Si chiede supporto sociale
  • Si riconosce e valorizza la competenza e il talento altrui (con altre parole non si compromettono gli sforzi altrui consapevolmente).

 

Studiosi come Harry F. Harlow, Douglas McGregor, Edward Deci, Mark Lepper insieme a David Greene, Teresa Amabile, Hugo M. Kehr solo per citarne alcuni, hanno sfidato nel tempo le conoscenze scientifiche offrendo una teoria più completa sulla motivazione.

Emerge prepotentemente che oltre alle due motivazioni principali (biologica ed estrinseca) che guidano il comportamento umano, ne esiste una terza.

Le organizzazioni si sono costruite ed hanno prosperato sull’assunto che per migliorare la performance, aumentare la produttività e promuovere l’eccellenza, il bastone e la carota (premiare il comportamento da aumentare e punire quello da ridurre) fosse l’unica via possibile.

Per aumentare la performance sono quindi necessarie ricompense estrinseche (se – allora).

Questo approccio, secondo Daniel H. Pink, considera la persona come “freddo robot massimizzatore di ricchezze, che reagisce in modo esclusivamente razionale a incentivi estrinseci”.

Studi scientifici avviati già negli anni 60 stanno finalmente prendendo sempre più piede, per fornire un approccio teorico motivante che evidenzia l’importanza della terza motivazione:” l’esecuzione stessa del compito fornisce una ricompensa intrinseca”.

Edward Deci afferma:” l’essere umano possiede una tendenza innata a ricercare novità e sfide, a esplorare e imparare”. Per far esprimere appieno la natura umana non possiamo prescindere dalla terza motivazione.

Questo non significa demonizzare la motivazione estrinseca, che ha un’utilità maggiore, in termini di aumento della performance, per attività di routine, dove sussiste una stretta connessione tra tempo di lavoro e prodotto del lavoro.

Nel caso le responsabilità riguardino compiti più creativi l’introduzione di ricompense “se – allora” potrebbe produrre non un aumento della performance automatico, anzi, può bloccare la creatività, diminuendone la performance.

La scienza moderna ha dimostrato che dover lavorare su obiettivi creativi che non hai stabilito e in un modo di cui non hai il pieno controllo danneggia la performance nel lungo termine, seppur con l’introduzione di ricompense. Valorizzare la leva motivazionale intrinseca presuppone, invece, che le persone vogliano essere responsabili e che percepire l’importanza e il significato di ciò che fanno, poterlo fare in autonomia e supportati a sviluppare la competenza per farlo, risponde ai bisogni universali umani (appartenere, affermarsi e crescere). Quando questi bisogni sono garantiti, siamo motivati, produttivi e felici.

C’è un altro aspetto da non sottovalutare. Evidenze scientifiche attestano che questa terza motivazione è molto più fragile degli altri due motivatori, ha bisogno di un contesto giusto per “sopravvivere”. Qui si innesta il concetto di organizzazioni senza paura.

Cosa potrebbe accadere se unissimo queste scoperte?

Amy Edmonson ci accompagna a comprendere che “vite professionali piene di senso hanno effetti positivi sulla salute delle persone e delle organizzazioni”.

Nelle organizzazioni in cui si vive la sicurezza psicologica si raggiungono performance straordinarie, grazie alla capacità di esprimersi apertamente, fare domande, evidenziare l’errore e le difficoltà, vivendo il conflitto come produttivo, chiedendo pareri, con la volontà di migliorare ed innovare, perché liberi di non conoscere.

Aggiungiamo che la sicurezza psicologica è quell’habitat di cui si nutre la terza motivazione, quella intrinseca: la motivazione sana. Il vantaggio di investire sulla terza leva motivazionale porterà le risorse interne ad avere l’energia necessaria per superare i momenti difficili, in un mondo VUCA, senza perdere la presa sul raggiungimento dei risultati.

Ricorrere alla terza motivazione finalmente metterà i leader nella possibilità di imparare ad esserlo. Non dovranno più applicare un vecchio adagio che sottolineava come senza guida e controllo le risorse non avrebbero lavorato efficacemente. Grazie al motivatore interno, ovvero avere delle responsabilità di cui comprendono il significato e per cui provano interesse, le persone diverranno proattive, competenti, sentendosi libere di svolgere i compiti autonomamente.

Ciascuno sentirà che le proprie esigenze sono comprese e sentirà di essere importante per l’organizzazione, per quello che fa e per come lo fa. Questo perché i leader dedicheranno attenzione e cura alla creazione di ecosistemi in cui si mantengono relazioni efficaci, basate sull’ascolto, la disponibilità, l’empatia e l’impegno.