Achtung: hr Digital Trasformation | Roberta Martini

Achtung: hr Digital Trasformation

Pubblicato il 7 Giugno 2022 in Syntropia

Tante sono le curiosità verso la Hr Digital Trasfomation.

Ho compreso però un aspetto: cosa non vorrei che accadesse.

Mi stupisce affrontare una riflessione dalla prospettiva della negazione. Non è nel mio stile. Potrebbe essere una resistenza inconsapevole?

Schiarisco le idee a me, in vostra compagnia, attraverso due mie riflessioni.

Osservo, sempre più, una tendenza nei processi di recruiting nell’investire in appositi software (Applicant Tracking System (ATS)) per gestire elevati volumi di dati, i CV che arrivano a valanghe, in poco tempo. Il software analizza elettronicamente il Curriculum Vitae, classificando le richieste ricevute, e definendo la probabilità che venga selezionato.

Questo comporta a mio avviso che il candidato adatti in modo stringente il proprio CV alla richiesta, standardizzandolo, seguendo parole chiave, una corrispondenza tra CV e profilo linkedIn e prestando particolare attenzione all’ortografia e alla formattazione, per governare il rischio di essere “scartat*”.

E cosa c’è di male, in un processo così accurato di elaborazione del proprio CV?

Se escludiamo il senso e il significato del processo di preparazione alla selezione per ciascun* a favore dell’efficacia e del risparmio di energie e tempo per le parti coinvolte, il cerchio si potrebbe chiudere a favore di un utilizzo massimo degli applicativi software.

Come potrebbe trasformarsi la prospettiva se fossimo capaci di introdurre anche la variabile: cosa motiva il candidato al cambiamento?

Passo ad un’altra riflessione. Ieri sera in linkedIn leggevo un articolo di una grande e nota azienda italiana che ha investito in un applicativo che segue un approccio bottom up per mappare le competenze tecniche di un team di 45 persone nel dipartimento R&D, in una fase di trasformazione organizzativa, per permettere di favorire la gestione e la condivisione della conoscenza e delle competenze tecniche in un’ottica di crescita e miglioramento continui.

Non entro nel merito, ovvero tralascio come questo applicativo possa garantire un approccio bottom up.

Anche in questo caso come potrebbe trasformarsi la prospettiva se fossimo capaci di introdurre anche la variabile: cosa motiva il candidato al cambiamento?

A me appare evidente che quando la Hr Digital Trasformation si progetta e si realizza, integrandosi con la prospettiva della motivazione intrinseca delle persone, con un approccio di consulenza strategica con i Dipartimenti coinvolti, tutto assume un senso di concretezza e utilità.

Hr tech diventa un partner con cui lavorare, con piacere e soddisfazione.

Quando invece, si predilige un presidio serrato di tempi e costi e il supporto tecnologico, lo strumento, diventa il fine e non un mezzo, la Hr Digital Trasformation si riduce ad un intervento miope, di moda e portatore di possibili danni nel medio-lungo termine.

A questo proposito voglio condividere, senza aggiungere nulla, la poesia della grande W. Szymborska, “Scrivere un curriculum”.

Guardando oltre l’orizzonte, auguro che sempre più aziende sentano la responsabilità di supportare attivamente le persone a comprendere quali siano le proprie esigenze, bisogni e desideri, per aiutarsi vicendevolmente a prosperare, grazie alla soddisfazione e al benessere di tutta la Comunità organizzativa.

E’ quindi una call to action delle organizzazioni creare processi di hiring che garantiscano al candidato soddisfazione, benessere per l’esperienza vissuta, a prescindere dalla scelta finale.

E’ possibile per la persona candidata pensare e vivere l’esperienza, senza sentirsi all’interno degli ingranaggi degli applicativi ATS, come nel celebre film “Tempi moderni” di C. Chaplin?

Quando decidiamo come raccontarci, le nostre scelte sono altamente influenzate dalla necessità di “raggirare” l’algoritmo, mettendoci in contrapposizione al processo/strumento utilizzato. Così facendo, ne usciamo sconfitti, sia noi sia l’organizzazione.

Attualmente nella prima fase del processo di hiring il candidato non vive un’esperienza arricchente.

Il processo promuove lo sradicamento dell’individuo a favore dell’identificazione di sé con un ruolo, perdendo l’opportunità di ricercare il senso e significato della propria storia professionale.

Auspico che questo senso e significato dell’incontro con l’azienda possa essere costruito nelle fasi successive, ma quale danno emergerebbe in termini di brand Identity per l’azienda, rispetto ad un candidato che non riuscisse ad arrivare ad un secondo step di selezione?

Il candidato geniale che vuole correrenella neve frescaperché singolare, verrà automaticamente scartato/cancellato.

L’organizzazione perde, dal momento che investe in un processo che non interagisce con l’Uomo ma lo vede come un dato.

Oggi tutti noi, dopo l’esperienza Covid, siamo cambiati e molto. Siamo consapevoli che tutto potrà nuovamente e improvvisamente modificarsi e quindi ricerchiamo, con una determinazione superiore a quella prima del Covid, esperienze che servano meglio le nostre aspirazioni, insomma che ci piacciano.

In questo mare di cambiamento continuo, imporre lo “sguardo robotico” nel processo di hiring come unica opzione non verrà più accettata “di default” come in passato, dalle singolarità (uomini che percorrono strade fuori dagli schemi).

Cosa accadrebbe se le organizzazioni supportassero fin da subito durante il processo di hiring il loro possibile futuro collaboratore a prendersi in carico aspirazioni, abilità, valori e carriera?

Riconoscere i bisogni, il potere e l’agilità delle persone, in specifico delle generazioni più giovani diverrebbe una forza trainante dirompente per costruire le future organizzazioni.

Vitale mi appare, quindi, supportare i leader nel diventare dei facilitatori. Non più chiedere che dirigano il proprio personale bensì costruiscano, insieme al team, una cultura del posto di lavoro imprenditoriale, dove le persone possano trovare autonomia, padronanza e scopo.

Invogliando le persone a scoprire ed agire il meglio di sé, rendendo l’esperienza della selezione un’esperienza di apprendimento essenziale, è guardare un Futuro migliore, comunque vada, perché è un dare non solo chiedere.

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