LA FELICITA’ E’ UNA FREGATURA | Roberta Martini

LA FELICITA’ E’ UNA FREGATURA

Pubblicato il 5 Ottobre 2022 in Syntropia

Sono molteplici le parole che stanno arricchendo il nostro vocabolario e manifestano che stiamo avviandoci ad un periodo a dir poco “interessante”.
Great Resignation – grandi dimissioni
Quiet quitting jobs – fare il minimo indispensabile, per mettere la qualità della propria vita prima di qualsiasi cosa
Downshifting – semplicità consapevole
Sono ammattita? Credo di no…. Non nego il disagio psicologico derivante sia da due anni di pandemia sia dalle recenti tensioni internazionali e locali (caro bollette per citarne una). Questi fenomeni esistono e hanno avuto e stanno avendo un impatto nel mondo del lavoro.
“La mia vita non mi somiglia”
“Ho sempre l’ansia”
“Mi sembra di non riuscire mai a staccare davvero la testa dal lavoro, ho troppe cose da fare”
“Vorrei avere più tempo per la mia vita privata”
“Mi fa “schifo” il mio lavoro e l’azienda in cui lavoro”
Per anni abbiamo parlato usando l’acronimo VUCA (Volatile, Incerto, Complesso e Ambiguo) e adesso ci troviamo ad averlo sostituito con BANI (Fragile, Ansioso, Non lineare, Incomprensibile) – Jamais Cascio, Istitute for the Future.
Tutto ci sta costringendo ad uscire da quella opacità attraverso la quale filtravamo i nostri desideri, pulsioni, passioni. Questo perché, frequentemente, tendiamo a negare l’esistente riducendolo ad un fastidioso incidente, nell’attesa della felicità. Ed ecco il pericolo!
Se non facciamo attenzione, la felicità diventa una grande fregatura della nostra mente. Siamo infatti travolti dall’angoscia, ogni volta che riscontriamo in noi passioni, pulsioni che risultano contradditorie, perché assediano i ruoli che ci sforziamo di assumere in nome della felicità.
Allora a cosa serve la felicità?
Secondo Michel Foucault “l’individuo tende a identificarsi con un ruolo, ricerca il senso della propria vita in un’”immagine identificatoria della felicità”. A suo avviso, per questa via siamo disposti a incasellare, ingabbiare le nostre vite. Rimuoviamo i conflitti interiori nell’illusione, così facendo, di poter padroneggiare in noi stessi le nostre contraddizioni.
Le parole che stanno emergendo ci dicono che siamo nuovamente pronti a “lavorare su di sè” – altra parola impropriamente “abusata” – dando spessore alla nostra stessa vita, facendoci carico dei conflitti che tessono la trama dell’epoca che stiamo vivendo.
Questa nuova consapevolezza ci permetterà di non rischiare di azzerare la dimensione di creatività che appartiene essenzialmente al nostro conflitto interiore. Farci carico dei conflitti interiori innescherà inoltre un’impennata della sensibilità verso noi stessi e percorrendo questa via verrà naturale esprimerla anche verso gli altri.
La creatività è alla base della trasformazione profonda dei nostri modi di vita, di relazione con gli altri e con l’ambiente, dei nostri “valori”, in breve alimenta la nostra abilità di crescere e cambiare.
Abbiamo l’occasione di fermarci e di avere coraggio nel pensare che qualche cosa di importante possiamo decidere di costruire, per cambiare il Futuro, soprattutto per i giovani!
Possiamo accogliere che i modi di pensare che abbiamo sperimentato fino ad ora non bastino più. Ancora di più possiamo accettare e/o valorizzare il non sapere, muovendoci come principianti. Disimparare per trovare nuove risposte.
“Visto che ciò che fai dice molto di ciò che sei….” mi rivolgo alle aziende alle quali consiglio questa nuova strada da percorrere:
– Fermatevi
– Disimparate
– Individuate nuovi modi di pensare
– Date risposte nuove alle persone con cui lavorate
Quest’ultimo gesto parlerà di voi !….e verrete ascoltati perché le vecchie modalità hanno stufato.